L’evoluzione tecnologica nel settore lattiero-caseario

L’analisi dell’evoluzione dei processi di trasformazione del latte negli ultimi decenni non può che partire dal settore caseario. Si tratta del comparto che presenta nel nostro Paese una posizione preminente in termini di latte trasformato e, di conseguenza, anche dal punto di vista economico, in considerazione della rilevanza che rivestono i formaggi Dop.

Per chiarezza, è possibile distinguere l’evoluzione che ha caratterizzato l’intero processo di trasformazione nel suo complesso (dal latte alla cagliata), dalle innovazioni che hanno riguardato le singole fasi della lavorazione.

Nel primo caso la caseificazione è stata trasformata da processo discontinuo, quale è la coagulazione presamica, a processo continuo mediante l’adozione di sistemi di caseificazione a caldaie mobili o il nastro coagulatore, caratterizzati dal più elevato grado di meccanizzazione e di automazione. Questi impianti sono oggi impiegati per la produzione di formaggi a pasta molle, anche Dop. L’utilizzo di queste soluzioni tecnologiche, se da un lato ha comportato un aumento della produttività, dall’altro ha determinato un’evoluzione concettuale del processo di caseificazione: così, da un processo caratterizzato dall’elevata elasticità in cui i parametri erano continuamente adattati dal casaro alle caratteristiche del latte, si è passati a condizioni piuttosto rigide e non modificabili, almeno nel breve periodo. È evidente dunque come l’automazione del processo richieda una standardizzazione della materia prima, soprattutto in termini di titolo proteico (e di grasso). Si è dunque assistito, dove presenti impianti di coagulazione altamente automatizzati, all’introduzione di tecniche di filtrazione tangenziale su membrana quali l’ultrafiltrazione e la microfiltrazione la cui adozione consente di lavorare un latte con un titolo proteico costante nell’arco dell’anno. Peraltro, queste modalità di concentrazione del latte non sono permesse dai disciplinari di produzione dei formaggi Dop, il cui processo produttivo può comunque – in alcuni casi – essere totalmente automatizzato lavorando un latte di grande massa e selezionando i conferenti il cui latte presenta le migliori e più costanti caratteristiche qualitative.

Se si considera un attuale generico processo di caseificazione non continuo, è possibile evidenziare innovazioni che ne hanno caratterizzato ciascuna singola fase. A questo proposito, accanto agli usuali trattamenti termici di risanamento del latte, si è andata affermando la battofugazione, con l’obiettivo principale di ridurre il contenuto di spore del latte e ostacolare la comparsa dei fenomeni di gonfiore nei formaggi a pasta dura.

Per quel che riguarda i coagulanti del latte, si è assistito alla progressiva sostituzione dei coagulanti di origine animale, ancora impiegati per i formaggi Dop, con coagulanti derivanti da fermentazione di microrganismi, quali la chimosina pura e i coagulanti microbici (proteasi microbiche). La maggiore purezza e specificità della chimosina pura rispetto alle altre tipologie di coagulante concorrono a determinarne un basso costo in uso, mentre il prezzo contenuto dei coagulanti microbici li rende interessanti per il loro impiego nel comparto delle paste filate. Il processo di filatura della cagliata determina, infatti, la denaturazione delle proteasi microbiche, limitando l’effetto negativo dell’elevata aspecificità che le caratterizza e che può portare all’insorgenza di difetti sensoriali e strutturali del formaggio. Il processo di innovazione tecnologica ha riguardato anche le operazioni di salatura in salamoia, che nel moderno caseificio vengono effettuate in saline dinamiche, con conseguente migliore gestione delle salamoie (rigenerazione) e di questa fase fondamentale del processo di caseificazione (minor tempo di permanenza del formaggio in salina).

Nel comparto del latte alimentare l’innovazione tecnologica ha avuto, e continua a perseguire, l’obiettivo di ottenere un prodotto caratterizzato sia da una durabilità più elevata rispetto al latte fresco pastorizzato, sia da proprietà sensoriali e nutrizionali superiori a quelle del latte Uht. Queste caratteristiche definiscono una tipologia di latte presente sul mercato italiano da circa due decenni e definibile come latte Esl (Extended shelf-life), inizialmente ottenuto – ma in alcuni casi ancora oggi – applicando per il risanamento termico binomi tempo/temperatura compresi tra quelli tipici della pastorizzazione Htst e quelli del trattamento Uht. Questa tecnologia ha consentito di conferire al latte pastorizzato a temperatura elevata una shelf-life di circa 30 giorni. L’abbinamento della microfiltrazione alla pastorizzazione ha permesso di ottenere un prodotto simile dal punto di vista sensoriale e nutrizionale al latte fresco pastorizzato, con una durabilità di circa 20 giorni. In alternativa alla microfiltrazione, si è andata poi diffondendo, applicata a tutte le tipologie di latte alimentare, la pratica tecnologica della battofugazione del latte crudo, ossia prima del trattamento termico. Con un’efficienza minore della filtrazione, la tecnica consente di rimuovere dal latte i diversi fattori (batteri, cellule somatiche, spore) che concorrono a determinarne il deterioramento.

Tra le differenti categorie di latte alimentare, il latte fresco pastorizzato presenta la durabilità più limitata (7 giorni). Un incremento di questo arco temporale non può prescindere dalla messa a punto di nuove soluzioni di packaging, atte a proteggere il latte confezionato da alterazioni dovute a fenomeni di foto-ossidazione.

Un ulteriore percorso evolutivo, che dal punto di vista tecnologico si sovrappone parzialmente a quello appena descritto, ha portato alla comparsa sul mercato di latti arricchiti di alcuni fattori nutrizionali oppure impoveriti di alcuni componenti, ritenuti dannosi per alcune categorie di consumatori. In quest’ultimo caso, accanto al latte delattosato per via enzimatica, si osserva l’adozione di tecnologie di filtrazione tangenziale (ultrafiltrazione e osmosi inversa) per produrre bevande a base di latte a ridotto contenuto di zuccheri.

Per inciso, la riduzione del tenore di zuccheri riguarda oramai tutti i derivati lattieri, includendo anche quei latticini che contengono quantità trascurabili di lattosio, quali il burro. Pur non comportando una vera evoluzione della tecnologia di produzione, ma comunque rappresentando un’innovazione di prodotto, devono essere menzionate quelle tipologie di latte caratterizzate dall’aggiunta di fattori nutrizionali non presenti naturalmente nel latte (omega 3, fibra) oppure dall’arricchimento di componenti naturalmente presenti (calcio).

Ciò che nel prossimo futuro costituirà parte integrante dell’innovazione tecnologica del settore lattiero-caseario non potrà prescindere dal garantire una limitazione dell’impatto ambientale dell’intera filiera, principalmente per quel che riguarda i processi di trasformazione del latte, attraverso il contenimento dei costi energetici.

Anche il processo dello yogurt si è evoluto

La tendenza a creare nuove tipologie di prodotto arricchiti in elementi con un positivo effetto sul benessere del consumatore (prebiotici, steroli vegetali, ecc.) ha caratterizzato anche il comparto dello yogurt. Dal un punto di vista dell’innovazione di processo, l’evoluzione ha riguardato le modalità di concentrazione del latte prima dell’inoculo e i ceppi batterici utilizzati in fermentazione. Pur essendo ancora adottata la con-centrazione mediante evaporazione si è diffusa l’applicazione dell’ultrafiltrazione o dell’osmosi inversa, che assicurano la concentrazione del latte con un tangibile risparmio energetico. L’impiego di microrganismi produttori di esopolisaccaridi migliora poi la consistenza del coagulo, mentre ceppi produttori di ace-taldeide apportano caratteristiche sensoriali positive allo yogurt. A proposito di soluzioni tecnologiche per il miglioramento delle caratteristiche strutturali dello yogurt, occorre menzionare che l’innovazione tecnologica ha consentito lo sviluppo di derivati proteici essiccati a base di caseina (proteine concentrate del latte, caseina micellare) o di sieroproteine (sieroproteine concentrate, microparticolati sieroproteici) con diversa attitudine tecnologica e utili per migliorare la viscosità, la cremosità e contrastare la sineresi del coagulo.

Stefano Cattaneo

L’evoluzione tecnologica nel settore lattiero-caseario - Ultima modifica: 2020-02-20T09:00:39+00:00 da Redazione Dairy