Catena del valore e benessere d’impresa, si può fare di più

Ricostruire i passaggi tra i diversi attori della filiera richiede dati consolidati non facili da reperire. Ecco perché, per scattare un’istantanea della catena del valore, si fa riferimento alla campagna produttiva di due anni fa. Nel 2017 – indica l’ultimo rapporto latte dell’Ompz, Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici dell’Alta scuola di management ed economia agroalimentare (Smea) di Cremona – nonostante la buona disponibilità di materia prima, con le consegne nazionali in aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente, la richiesta di latte da parte dell’industria di trasformazione ha influenzato positivamente la definizione del prezzo alla stalla. Nel corso dell’anno, infatti, gli allevatori italiani hanno percepito mediamente 0,38 euro per litro di latte consegnato (Iva esclusa e al netto di eventuali premialità previste dai contratti), con quasi 0,05 euro di incremento rispetto alla remunerazione fortemente ridotta del 2016.

Se questo accadeva a livello di segmento primario della filiera, più a valle – a fronte di una decisa ripresa della domanda interna, con la spesa alimentare in aumento del 3% rispetto all’anno precedente – le vendite al dettaglio in termini di quantità di latte alimentare e derivati caseari hanno stentato a invertire la tendenza negativa che sembra ormai essere strutturale e indicativa di un vero e proprio cambiamento della percezione e degli stili di consumo. È ancora difficile fornire certezze sulle cause reali di questi comportamenti, forse frutto del contemporaneo agire di differenti tendenze che coinvolgono le diverse forme di presunta o reale intolleranza al lattosio, la sempre maggiore attenzione a diverse declinazioni di “salutismo” e, infine, la crescente sensibilità alla sostenibilità ambientale e a tematiche legate alle questioni etiche dell’allevamento animale.

Considerato dunque il trend negativo dei consumi domestici, la filiera lattiero-casearia nazionale è sostenuta soprattutto dall’export. Nel 2017, il made in Italy caseario ha realizzato complessivamente 3,05 miliardi di vendite all’estero con un saldo record della bilancia commerciale per formaggi e latticini pari a 913 milioni, grazie alla crescita in tutti i principali mercati di sbocco.

Per evidenziare la struttura delle relazioni economiche del sistema lattiero-caseario nazionale risulta essenziale stimare il flusso del valore del latte lungo la filiera. E, confrontando il 2017 con l’annata precedente, nella fase a monte della filiera si evidenzia un significativo recupero in termini di approvvigionamento. In particolare, un aumento rilevante del valore del latte nazionale (+15,7%, considerando tutte le specie) cui si aggiunge la crescita registrata dalle importazioni di materia prima, soprattutto in termini di valore, come conseguenza dell’aumento dei prezzi registrati dal latte crudo in ambito europeo. In definitiva, il valore totale della materia prima disponibile si è attestato a quasi 5,8 miliardi di euro, con un aumento di circa 15 punti percentuali rispetto al 2016, e dopo il 4% in meno del periodo precedente.

Se, come detto, il valore del latte crudo alla stalla aumenta nel periodo considerato, proseguendo lungo la filiera l’analisi dell’Ompz evidenzia come, al contrario, il valore della componente industriale si contrae; nonostante il generalizzato rialzo dei prezzi dei prodotti trasformati. E così, del valore complessivo prodotto dalla filiera, circa il 17% (al lordo dei costi di produzione) è rappresentato dalla parte agricola (era poco più del 15% nel 2016), il 29% dalla parte industriale e il restante 54% è costituito dai margini di distribuzione, che si formano tra il cancello dell’azienda agricola e l’acquisto da parte del consumatore finale. Il valore generato dall’industria è risultato in crescita del 2,5% rispetto al 2016, grazie a un incremento dei volumi di produzione, in particolare per il segmento dei formaggi, e a un generalizzato recupero dei prezzi dei prodotti a indicazione geografica e delle materie grasse nella fase all’ingrosso.

Il valore finale prodotto dalla filiera lattiero-casearia nazionale nel 2017 è dunque aumentato (+2,4%), dopo il recupero già evidenziato nel 2016. I principali fattori di crescita sono rappresentati dalla performance sui mercati esteri, con le esportazioni in salita del 12,3%, e dall’andamento dei consumi extradomestici, con il valore generato dal canale Horeca in crescita del 3%.

L’analisi dell’Osservatorio dell’Università Cattolica evidenzia come nel 2017 il valore totale del latte nazionale immesso nella filiera sia stato pari a oltre 5,2 miliardi di euro, cui si aggiungono più di 540 milioni di materia prima importata. Il valore ai prezzi di fabbrica della produzione industriale nazionale immessa sul mercato è di circa 15,7 miliardi, cui devono aggiungersi quasi 2,5 miliardi di prodotti importati. Il valore industriale al netto della materia prima era, quindi, di poco inferiore ai 10 miliardi, ovvero pari a 12,5 miliardi se si includono le importazioni.

Considerando queste cifre, il rapporto Ompz sottolinea come nel 2017 i margini di distribuzione totali, relativi alle esportazioni, ai consumi domestici e soprattutto a quelli extradomestici abbiano raggiunto i 18,4 miliardi, in crescita (+2%) rispetto all’anno precedente. Insomma, si può dire che il valore della materia prima nazionale è cresciuta lungo la filiera del 555%, superando i 34,1 miliardi del valore al consumo finale (+2,4% rispetto al 2016).

I mercati del latte della prima metà del 2019 danno segnali in varie direzioni. È quanto emerge dalle elaborazioni dell’Osservatorio della Smea di Cremona.

In primavera i prezzi del latte spot nazionale (grafico a pag 51) hanno raggiunto il minimo degli ultimi 12 mesi; da quel picco è ripartita una fase di risalita. D’altro canto, le quotazioni del latte spot mostrano un andamento piuttosto volatile, tant’è che a fine 2018, periodo in cui la produzione di latte è più bassa, era stato raggiunto il massimo del periodo a 0,46 euro/kg. Le previsioni per i prossimi mesi, tra fine estate e inizio autunno, sono per un ulteriore aumento delle quotazioni. Allargando lo sguardo, il latte spot proveniente da Francia e Germania, al momento ha un prezzo decisamente più basso di quello nazionale. Tale divario era meno accentuato nella seconda metà del 2018, ma a dicembre è aumentato, raggiungendo il massimo nei primi mesi del 2019, per poi ridimensionarsi.

Di particolare interesse è il valore del prezzo del latte indicizzato. A maggio, questo dato ha segnato un calo medio dello 0,3%, un po’ in frenata rispetto al -0,5% che aveva caratterizzato il mese precedente. Questa variazione corrisponde a un regresso di circa 12 centesimi per 100 litri. Il calo è particolarmente accentuato per il paniere non-Dop, con una variazione del -0,5%, contro il -0,1% del paniere Dop.

A monte di questi risultati c’è un’evoluzione degli indici legati ai diversi sotto-panieri, con differenti dinamiche da considerare. Si registra un deciso calo della componente relativa ai fattori di produzione, che è riferita allo stesso mese, spinta in giù dai listini di mais e soia. Poi, la componente nazionale (ritardata di un mese) è pressoché ferma, salvo una contenuta flessione del latte spot; mentre la componente legata al mercato estero mostra un discreto aumento, spinto dalla decisa crescita del listino del latte scremato in polvere.

Valore indicizzato Ompz: un utile strumento di confronto

Da tempo l’Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici della Smea (Università Cattolica di Cremona) ha elaborato un sistema di indicizzazione del valore del latte alla stalla in Lombardia (regione di riferimento nella produzione di latte) legato a una serie di indicatori di mercato. “Il meccanismo -ci spiega il professore Rama- messo a punto in collaborazione con Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia, considerando tra i vari parametri i prezzi dei derivati del latte in Italia e in Europa e alcune voci di costo per l’alimentazione animale rappresenta un utile strumento di confronto per sapere come sta andando il prezzo del latte espresso dal mercato. Si tratta cioè di un dato che aiuta a capire come potrebbe/dovrebbe essere il valore del latte crudo alla stalla in funzione dei prezzi dei prodotti da un lato e dei prezzi dei fattori di produzione dall’altro”.

Latte crudo e derivati, dinamiche di mercato complesse

“La produzione mondiale di latte sta crescendo nel 2019 a un tasso pari a un terzo di quello che si prevedeva –spiega Daniele Rama, direttore della Smea– in quanto le principali regioni produttrici di latte del mondo sono strette tra margini ridotti e condizioni climatiche avverse. Si prevede infatti che nel 2019 la produzione di latte salirà dello 0,3%, una variazione molto inferiore all’aumento previsto (0,9%) dai principali istituti di analisi”. Il consumo di prodotti lattiero-caseari, intanto, è previsto in aumento dell’1,8%, aggravando ulteriormente la stretta mondiale delle scorte: “Con l’asta di giugno, i magazzini dell’Ue hanno svuotato quanto rimaneva delle giacenze di latte scremato in polvere, provenienti dagli acquisti di 380mila tonnellate di polvere nel periodo tra il 2015 e il 2017 a seguito delle critiche condizioni di mercato”. Si tratta di una crescita della domanda sempre più dipendente dalle importazioni. Nell’A.T. febbraio 2019 le esportazioni dei principali esportatori mondiali (Ue, Usa, Nuova Zelanda, Australia, Argentina e Uruguay) sono aumentate del 3,2%. In questo periodo i prezzi del latte scremato in polvere hanno continuato a seguire una fase di ripresa e consolidamento, mentre qualche ulteriore debolezza è emersa per il burro. Secondo Daniele Rama, già dalla primavera il quadro della domanda cinese è rimasto positivo per latte in polvere e per il formaggio, con i dati sulle importazioni che mostrano forti aumenti per il latte intero in polvere (+67%), latte scremato in polvere (+45%), latte per bambini (+52%) e formaggi (+20%). Sono invece in calo le importazioni di burro e butteroil (-27%). I numeri sulle esportazioni della Nuova Zelanda riflettono nei mesi scorsi i dati della domanda cinese, con il latte intero in polvere (+ 22%), latte scremato in polvere (+ 5%) e latte per l’infanzia (+ 10%) rispetto allo scorso anno, mentre le esportazioni di burro e butteroil (-9%) sono rimaste deboli (sebbene ancora + 17% per i primi quattro mesi del 2019 rispetto al 2018).

Stefano Boccoli

Catena del valore e benessere d’impresa, si può fare di più - Ultima modifica: 2020-02-13T09:00:12+00:00 da Redazione Dairy