Diversi i progetti che l’Associazione regionale allevatori dell’Emilia-Romagna (Araer) sta portando avanti. A iniziare dal Progetto Leo, previsto dal Piano di sviluppo rurale nazionale (Psrn), che nel corso del 2019 ha visto la sua piena applicazione.
Esso pone l’Associazione italiana allevatori (Aia) a capofila del partenariato in cui sono coinvolti l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo, quello dell’Umbria, l’Istituto Spallanzani di Roma, l’Università di Piacenza, della Tuscia, di Palermo oltre a Consvapi e Bluarancio. È finalizzato alla raccolta in allevamento di nuovi dati e parametri che, pur operando come una sola, alimenteranno tre banche dati dedicate rispettivamente alla sostenibilità ambientale ed economica, alla sicurezza alimentare e al benessere animale permettendo la fruibilità dei dati in forma aggregata. Terminerà il 30 giugno 2023.
“Si tratta di un progetto innovativo con una banca dati unica in Europa che, per il momento, raccoglierà solamente le informazioni di carattere nazionale – ha spiegato il presidente di Araer Maurizio Garlappi – reperite dai controllori di Araer in occasione dei controlli funzionali, legate agli aspetti riproduttivi/produttivi della mandria e a quelli strutturali e ambientali della stalla. Vorrei sottolineare la totale gratuità del Progetto per tutti gli allevatori che intendono aderire, ai quali quindi non è stato e non verrà chiesto alcun contributo”.
“I dati raccolti attraverso il Progetto Leo – ha continuato Garlappi– insieme a quelli introdotti dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Brescia e dal veterinario aziendale saranno utilizzati anche da Classyfarm, la banca dati prevista dai regolamenti europei in materia di sicurezza alimentare. Il compito classificare gli allevamenti secondo una graduatoria di rischio in base alla quale il personale di controllo Asl stabilirà la frequenza annuale delle verifiche da effettuare in azienda”.
La volontà di Araer, in questi ultimi anni, è stata anche quella di dare risposte “diverse” rispetto alle normali attività istituzionali per soddisfare le specifiche richieste giunte proprio dagli allevatori. Oltre alle Aste delle bovine nate e allevate all’interno del Comprensorio del Parmigiano Reggiano, giunte alla loro quinta edizione e sospese a causa della pandemia, l’Associazione ha affrontato concretamente le problematiche legate all’antibioticoresistenza e, ancora una volta, al benessere animale. “Temi sui quali continueremo a lavorare – ha sottolineato ancora Garlappi – e che già oggi trovano un ottimo riscontro nella certificazione Allevamenti del Benessere, assegnata da un ente certificatore terzo agli allevamenti che hanno saputo rispettare i parametri previsti. Avviata un paio di anni fa grazie all’accordo siglato con la Centrale del latte di Cesena (FC) nel 2019 si è aggiunto quello sottoscritto da 8 caseifici di Piacenza. Non posso inoltre dimenticare il Protocollo d’Intesa siglato tra il Consorzio del Parmigiano Reggiano, Aia e Araer firmato il 27 settembre dello scorso anno, prima volta per un ente di tutela, riguardo la trasmissione di dati e informazioni di carattere zootecnico in forma aggregata, oltre alla realizzazione di un report contenente i parametri elaborati sul benessere animale per i quali è stata formalizzata e sottoscritta una liberatoria per ogni singolo allevamento”.
Infine l’attività di laboratorio, sempre capillare, che ai test diagnostici per la ricerca degli anticorpi della paratubercolosi e/o della neosporosi bovina, al test di gravidanza, al servizio analisi “rischio chetosi”, dai primi mesi del 2019 ha messo a disposizione degli associati il servizio microbiologico per l’identificazione degli agenti patogeni responsabili della mastite attraverso un esame colturale e il successivo, eventuale, antibiogramma, un ulteriore importante servizio che ha previsto a monte la formazione del personale Araer per la corretta campionatura del latte da analizzare: le analisi effettuate nel corso del 2019 sono state diverse migliaia.