Cambiamenti in atto nel consumo di latte e latticini

Numerose fonti certificano come il consumo di latte e latticini negli ultimi anni sia entrato in crisi. Lo scorso aprile a margine della presentazione della campagna di comunicazione “Verde Latte Rosso”, Gianpiero Calzolari, coordinatore Settore lattiero-caseario Alleanza Cooperative Agroalimentari, ha sottolineato come il consumo di latte in Italia sia sceso del 30% negli ultimi sei anni. Per quanto riguarda i formaggi, Agrifood Monitor riporta che il consumo pro-capite di formaggi in Italia nel 2017 si attesta a 13,9 kg con un calo del 9% rispetto al 2007. Per spiegare questo calo generalizzato sono state addotte diverse motivazioni: dalla diffusione di fake news riguardanti la salubrità di latte e latticini, all’introduzione di nuovi stili alimentari, all’aumento percepito delle intolleranze. Per cercare di inquadrare le direzioni di cambiamento e le prospettive del consumo di latte e latticini Kkienn Connecting People and Customers ha svolto una survey su un campione rappresentativo di consumatori.

Una fotografia su consumi attuali e frequenza di consumo. Guardando ai consumi attuali è necessario fare delle distinzioni. In primo luogo si osserva come i formaggi vaccini, sia stagionati che freschi, rimangono saldamente sulla tavola degli italiani: li consumano più di nove persone su dieci. Solo circa il 5% della popolazione dichiara di aver smesso di consumarli. Il consumo dei formaggi vaccini si configura prevalentemente come un consumo a frequenza settimanale. Circa l’80% della popolazione consuma formaggi vaccini freschi e stagionati almeno una volta alla settimana. I formaggi ovini e caprini si distinguono per consumi più contenuti (80% per gli stagionati, 72% per i freschi) e un consumo meno frequente.

Guardando ai consumi di latte troviamo invece una situazione diversa. Il latte parzialmente scremato, la tipologia di latte più diffusa, è consumato da circa il 75% della popolazione. Rispetto ai formaggi il latte parzialmente scremato ha un consumo più frequente. Circa il 30% lo consuma tutti i giorni. A fronte di una maggiore frequenza di consumo si osserva tuttavia una significativa quota di persone (15%) che ne ha cessato i consumi. Il fenomeno dell’eliminazione dei consumi interessa in misura ancor più grave il latte vaccino intero. Il 30% degli intervistati dichiara di aver smesso di consumarlo e anche i consumi giornalieri sono ben al di sotto del latte parzialmente scremato.

Gli yogurt interi e magri sono consumati da circa tre quarti della popolazione con un consumo giornaliero pari al 14% e un consumo settimanale intorno al 40%. I prodotti sostituti ( senza lattosio o di origine vegetale) hanno una penetrazione di circa il 40% e sono contraddistinti da una minore frequenza di consumo rispetto ai loro omonimi di origine animale.

Come cambiano i consumi tra le generazioni? Se guardiamo ai consumi attuali tra le diverse generazioni ci accorgiamo di alcune differenze. Innanzitutto il ranking delle categorie consumate è in gran parte lo stesso tra i segmenti più maturi della società: tra 45-55enni e 55-74enni non sussistono grandi differenze nel consumo di latte e latticini.

Il discorso cambia se si sposta lo sguardo sui giovani: meno formaggi vaccini stagionati (-9% rispetto al totale campione), meno latte parzialmente scremato (-7%), meno burro (-7%). I prodotti senza lattosio invece sfondano in questo segmento. Circa la metà dei Millennials consumai yogurt e formaggi senza lattosio. Per latte, burro e formaggi stagionati i consumi sono anche meno frequenti. Il consumo giornaliero di latte parzialmente scremato tra i giovani è più basso del 10%. La quota di Millennials che consuma formaggi vaccini stagionati almeno una volta a settimana è del 39% contro il 59% del totale campione (-20 punti). Anche i consumi settimanali di burro sono inferiori alla media ( -5%). Su queste categorie sono molto forti le differenze con i più maturi. I consumi settimanali ribadiscono l’importanza per i giovani del “senza lattosio” soprattutto tra i formaggi (+10%).

L’impressione che si ricava da una lettura generazionale dei consumi è quella di un settore in cui si intravedono i segnali di un profondo mutamento: alcuni degli attuali capisaldi come i formaggi vaccini stagionati e il latte parzialmente scremato potrebbero in futuro vedere una contrazione ad opera dei Millennials. Viceversa i prodotti senza lattosio potrebbero costituire un nuovo punto di partenza. Al fondo di queste differenze nei comportamenti di consumo possiamo trovare diversi approcci al tema dell’alimentazione e, più in generale, della salute.

Per le generazioni più mature alimentarsi in modo sano equivale a mangiare alimenti genuini. La genuinità è intesa come massima vicinanza possibile alla natura, come rifiuto di artificialità e manipolazioni umane. La genuinità degli alimenti, a livello comunicativo, fa riferimento a categorie come l’autenticità, la tradizione, l’origine controllata, la filiera corta, il Km zero, il bio, il Dop ecc. Come si vede dalla mappa, i prodotti caseari più legati a questo immaginario sono i formaggi vaccini freschi e stagionati, il latte parzialmente scremato, il burro vaccino e gli yogurt. Questo immaginario e questi prodotti piacciono soprattutto alle persone più mature.

La posizione dei più giovani differisce alquanto: sono portatori di un diverso concetto di salute. Salubre non è ciò che si avvicina il più possibile a un’idea di natura meno contaminata possibile. L’essere umano ha il diritto e deve manipolare gli elementi naturali per creare qualcosa di più adatto alle sue esigenze. In questo senso la fascinazione per un certo immaginario “free from” risponde alla convinzione più generale che gli elementi naturali non siano salubri in sé, ma debbano essere manipolati e depurati al fine di renderli il più possibile conformi alle nostre esigenze.

Attenzione però: non tutto ciò che è “senza” va bene per i giovani. Il mondo del “free from” è vasto e variegato e i giovani fanno propria una particolare declinazione di questo concetto: il “senza” deve essere relativo a elementi naturalmente presenti nell’alimento. Questa trova delle conferme nei dati di vendita.

L’Osservatorio Immagino di Nielsen traccia un quadro in chiaroscuro del mondo del “free from” nell’ultimo anno. Da una parte si osserva un rallentamento nelle vendite per quei prodotti in cui il “senza” è relativo ai processi industriali: senza conservanti (-4%), senza coloranti (-6%), senza aspartame (-15%). Rallentano le vendite di quei prodotti “senza” aggiunta di componenti artificiali.

Dall’altra parte quando il “senza” è relativo alla depurazione di un elemento naturalmente contenuto nell’alimento ( come il glutine o il lattosio) il trend delle vendite è positivo: + 1,3% per il senza glutine e +2,9 per il senza lattosio. Questa è l’accezione del free from che i più giovani sposano e che può influenzare in modo significativo i consumi di latte e latticini del futuro.

Marco Miramondi

 

Cambiamenti in atto nel consumo di latte e latticini - Ultima modifica: 2020-01-28T14:54:56+00:00 da Redazione Dairy