Lattiero-caseario: tutto quello che volevate sapere e non avete mai osato chiedere

“Per formazione e attitudine professionale sono abituato a partire dai dati, dai numeri incontrovertibili che fotografano la realtà e, in base allo scenario, analizzare le possibili soluzioni. Vorrei usare lo stesso metodo anche in questa occasione”. Parte da una constatazione Raffaele Borriello, direttore generale Ismea: “Il settore lattiero-caseario è caratterizzato da una propensione a esportare in crescita, a fronte di un mercato interno che potremmo definire maturo”.

Il mercato estero

“Nello specifico -inizia la sua disamina del settore Borriello- le vendite di formaggi e latticini, pur registrando nel 2018 un nuovo record (418mila tonnellate e 2,8 miliardi di euro), hanno evidenziato un rallentamento della crescita (+0,7% in volume e +3,7% in valore rispetto al 2017) con il tasso più basso degli ultimi 10 anni. A frenare le esportazioni è stata la flessione registrata sui principali mercati comunitari di destinazione (Francia -2,2% e Regno Unito -8,2% in quantità) e, soprattutto, la contrazione registrata negli Usa (-15% in volume e -5% in valore rispetto all’anno precedente) che, pur rimanendo il terzo mercato di sbocco, è sceso per la prima volta sotto il 10% in termini di incidenza sulle esportazioni totali”.

L’Italia, dunque, è leader nel mercato statunitense, ma nell’ultimo anno -in un contesto di generalizzata flessione della domanda Usa di formaggi di importazione- ha perso quota in volume (dal 20% del 2017 al 18% del 2018) a favore dei competitor francesi e svizzeri.

Il dg di Ismea ricorda come, a fronte della crisi di alcuni mercati tradizionali, l’export di formaggi italiani abbia evidenziato tassi di variazione a due cifre in alcuni mercati dell’Est Europa (Polonia +3% in volume e +10% in valore; Repubblica Ceca +13% in volume e +8% in valore) e, nonostante le quote ancora esigue, in alcuni mercati emergenti come Cina, Emirati Arabi Uniti (entrambi +12% in valore) e Arabia Saudita (+9% in valore). Nel 2018, poi, risultati positivi sono stati registrati in Giappone (+3% in volume e +5% in valore) e in Canada (+28% in volume e +27% in valore). Con una quota in volume del 22% l’Italia ha quasi raggiunto gli Usa, tradizionalmente primo fornitore del mercato canadese.

Le contromisure

Per potere incidere sulle nostre esportazioni e rendere più competitivo il comparto all’estero sono auspicabili alcune misure. “Intanto –spiega Borriello- consolidare la posizione dei prodotti italiani sui mercati tradizionali (Francia, Germania, Uk e Usa) che garantiscono storicamente gran parte dell’export con interventi strutturali, quali piattaforme logistiche capaci di massimizzare la penetrazione commerciale e diminuire i costi. Poi, rafforzare la presenza dei nostri prodotti nei mercati emergenti (Sud-Est asiatico e Paesi arabi) che hanno ancora enormi potenzialità di spesa, visto il posizionamento di prezzo elevato dei formaggi italiani. E, infine, avere un ruolo politico ancora maggiore per poter incidere a livello internazionale nelle trattative sugli accordi commerciali e sulla tutela delle produzioni a Indicazione geografica. Soprattutto in funzione delle incertezze che si profilano a livello sia comunitario (vedi Brexit), sia internazionale (nuove politiche di Trump)”.

Intanto, nel mercato interno

“La spesa sostenuta dalle famiglie italiane per i prodotti lattiero-caseari è progressivamente diminuita nell’ultimo quinquennio -continua Borriello-. La flessione è proseguita anche nel 2018 (-1,3% in termini di spesa rispetto all’anno prima), confermando una criticità sul fronte della domanda domestica. In contrazione, ormai strutturale, i consumi di latte alimentare, in parte a causa di alcuni cambiamenti socio-demografici (riduzione del numero di bambini per nucleo familiare e/o minore tempo da dedicare alla colazione) e in parte a causa di problematiche nutrizionali e/o salutistiche. In flessione anche i consumi di formaggi, troppo spesso oggetto di attacchi mediatici e informazione allarmistica”.

Secondo Borriello, per contrastare il trend negativo dei consumi domestici, sarebbero auspicabili interventi mirati a sostenere la domanda interna e a incoraggiare il consumo di latte e derivati, valorizzando anche gli aspetti nutrizionali legati a questi prodotti. “Recuperare segmenti di consumo tra le fasce di popolazione più matura e acquisire nuovi consumatori, soprattutto tra i giovani e i giovanissimi, ultimamente sempre più lontani dal latte. Puntare ancora di più sull’innovazione per offrire ai consumatori un prodotto su misura che vada incontro alle loro mutate richieste e in grado di soddisfare i nuovi bisogni. In particolare, prendendo in considerazione le esigenze etiche, puntando sul benessere animale, e l’accresciuta sensibilità ambientale, promuovendo prodotti a emissioni ridotte e, infine, soddisfacendo l’esigenza di nutrirsi in modo sano, comunicando le caratteristiche qualitative e organolettiche della produzione nazionale. Tutti interventi –conclude Borriello- volti a valorizzare sempre più i nostri prodotti sui mercati esteri e a favorire la ripresa dei consumi interni”.

Fabrizio Ratiglia

Lattiero-caseario: tutto quello che volevate sapere e non avete mai osato chiedere - Ultima modifica: 2020-04-02T09:00:57+00:00 da Redazione Dairy